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LA MIA STAGIONE PREFERITA
(MA SAISON PREFEREE)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 maggio 1993
 
di André Téchiné, con Catherine Deneuve, Daniel Auteuil, Marthe Villalonga, Chiara Mastroianni, Carmen Chaplin (Francia, 1993)
 
L'autore di LE LIEU DU CRIME torna sulle rive della Garonna. Questa volta per raccontare la storia di un fratello e di una sorella che si riavvicinano: nel momento in cui la loro madre non è più in grado di vivere da sola, e perde progressivamente la ragione, e la vita.

Amore-odio per la famiglia, per i legami, i condizionamenti che essa rappresenta: tutto il cinema di Téchiné (assieme al tema della passione, che permette di trasgredire, di liberarsi dall'ordine, dalla morale comune) si è organizzato attorno alle lusinghe, alla tenerezza ed all'orrore, che questo rapporto gli ispira. La riuscita di questo LA MIA STAGIONE PREFERITA, forse il più sincero ed ispirato, certamente il più semplice di André Téchiné, sta nel rigore con il quale questo regista, che in passato aveva spesso ceduto alle tentazioni di un lirismo un po' intellettuale ed enfatico, è riuscito a mettere in immagini questo concetto. Una lucidità che gli permette di abbordare le rive seducenti dell'abbandono e della melanconia senza cadere nell'ovvietà sentimentale:. "Non c'è ragione perché tutto ciò avvenga nel segno della nostalgia: poiché è sempre nel presente che il passato si costruisce"

Tutto, nel film, dalla sceneggiatura ai dialoghi, dalla direzione degli attori alla regia, tende verso la semplicità, verso una preziosa - poiché serenamente sofferta e meditata - naturalezza.

Cosi, nella loro attirante, ed al tempo stesso rivoltante contraddizione, con umorismo o disperazione, i vari frammenti di quel mosaico che chiamiamo dei legami familiari, possono organizzarsi; cosi i personaggi, con le loro psicologie, possono iscriversi, progressivamente e decisamente nel marmo della nostra memoria.

Catherine Deneuve, senza trucco, senza il glaciale perbenismo di molti suoi film, non è mai stata cosi trasparente, cosi vulnerabile. È la sorella di Daniel Auteuil: che sembra prolungare lo stato di grazia, l'incantata riservatezza, il mistero fragile in attesa dell'attimo rivelatore, di UN CUORE IN INVERNO. Lui vive la sua tragicomica debolezza (i dialoghi sono in questo senso perfetti), la sua antisocialità di figlio e fratello che si rifiuta di crescere ("È impossibile diventare adulti, ci vorrebbero quattro o cinque vite"): e quando, dopo un burrascosa cena natalizia, anche lei decide di averne abbastanza (di un marito notaio, di una figlia in cerca di collocazione - Chiara Mastroianni, ad un limpido debutto - di un figlio in discoteca, dei pulloverini pastello e della cucina da ripulire metodicamente prima di andare a letto) lui pensa di avercela finalmente fatta. A ritornare, cioè, a vivere con l'adorata sorella: dopo aver sistemato la madre, ed i propri istinti di colpa, nel solito parcheggio per la terza età.

Ma - l'abbiamo detto - contrariamente ad altri film dell'autore, LA MIA STAGIONE PREFERITA non è un film a tesi: non è (soltanto) un film sulla tentazione incestuosa, l'impossibilità di accedere all'età adulta, alla maturazione psicologica, sociale, sessuale. E nemmeno (anche se costituisce una delle constatazioni più utili del film) sul dramma dell'impossibile collocazione della vecchiaia, in una società che ha disintegrato le abitudini di vita. È un film sul desiderio di amare, sulla necessità di comunicare: in un mondo dagli amputati sentimenti (che vive "modernamente", come dice la madre, splendida figura di contadina solida, travolta dagli schemi piccolo-borghesi), che ha fatto sue le regole del vivere "educato".

Nel segno dell'acqua (la piscina d'infanzia, la Garonna e la sua corrente ambiguamente ammaliatrice) che scandisce la fluidità dei sentimenti, André Téchiné ha filmato queste cose gravi con una lievità commovente: il respiro vasto ed eterno della natura con i suoi rimandi all'infanzia, il rumore del vento e degli uccelli, sui quali si chiude il buco nero delle imposte della casa abbandonata. E del traffico: gli svincoli e gli autogrill del provvisorio, nei quali si officiano le impossibile spiegazioni, con i suoni rabbiosi e secchi che vengono ad infrangere quelli armoniosi della natura.

A metà strada tra l'infanzia e la vecchiaia Téchiné ha filmato quell'immenso spazio lasciato vuoto nei nostri sentimenti. Non ha trovato nulla da collocarci: i personaggi ritorneranno al termine nei loro ruoli di robot sociali e sentimentali. Ad un destino sul quale è ormai impossibile intervenire: ma che (in mancanza d'altro) conviene pure d'accettare...


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